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Il parto in ospadale

Dr. Agostino Mangiaracina, 4.5.2010
Le maternità variano molto a seconda dell’Ospedale, per cui non sempre è possibile soddisfare i propri desideri anche quando questi siano più che legittimi.

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Di norma la partoriente che si reca in ospedale deve passare per l'Accettazione. In accettazione viene effettuata la visita interna, auscultato il battito cardiaco fetale, rilevata la pressione arteriosa, compilata la cartella clinica. Se la paziente viene ricoverata, si trasferisce in reparto.
 
In sala travaglio viene eseguito il monitoraggio: si posizionano tramite due cinture elastiche, due trasduttori sull’addome materno. Uno registra le contrazioni uterine, l’altro l’attività cardiaca fetale. Il tracciato che ne deriva (tracciato cardiotocografico) consente di valutare lo stato di benessere del nascituro con buona approssimazione: permette cioè di diagnosticare una sofferenza del feto. Quando è il momento la paziente viene trasferita in sala parto. Se lo desidera, in sala parto può entrare il proprio partner o un altro congiunto (madre, zia, sorella, amica).
 
In tutti gli ospedali dovrebbe essere offerta alla donna la possibilità di scegliere se usufruire o meno di una metodica di analgesia in travaglio e parto.
 

ANALGESIA DEL PARTO

 
Il metodo più efficace è la somministrazione per via peridurale o spinale di anestetici locali e oppiacei a basso dosaggio (con una piccola puntura sulla schiena nello spazio fra due vertebre). La peridurale può essere eseguita nel momento in cui l’ostetrico verifica che le condizioni locali siano permittenti (dilatazione del collo adeguata, testa fetale confrontata).
 
Vantaggi:
 
-  riduce lo stress materno-fetale
- favorisce la dilatazione del collo uterino (accorciando i tempi del travaglio)
- i bambini sono svegli e vivaci, poiché i farmaci analgesici vengono iniettati e utilizzati a livello dei nervi lombari della madre, con scarsa o nulla azione fetale
- in caso di taglio cesareo, il cateterino peridurale già posizionato permette rapidamente l’esecuzione di un’anestesia peridurale, meno disturbante e rischiosa dell’anestesia generale (ed anche in questo caso la madre può rimanere sveglia e veder nascere il proprio bambino).
 

Effetti collaterali possibili:

 
- sensazione di gambe "calde e pesanti"
- difficoltà ad urinare
- abbassamento transitorio della pressione arteriosa
- prurito di lieve entità
- difficoltà a muoversi
 
Complicanze possibili:
- allergie al farmaco
- riduzione dell’attività contrattile uterina (raramente con perdita del senso della spinta)
- puntura della dura madre (1% dei casi) con conseguente mal di testa per alcuni giorni
 

Complicanze estremamente rare:

 
danni neurologici centrali o periferici di diversa entità e gravità anche non reversibili
 
La metodica potrebbe anche non essere eseguibile per difficoltà anatomiche o potrebbe qualche volta non fornire un’analgesia adeguata.
 
Metodi alternativi: TENS, agopuntura, aromaterapia, omeopatia, ipnosi, massoterapia, reflessologia (interessarsi se attuabili presso il proprio centro).
 

I TRE STADI DEL PARTO

 

Primo Stadio (periodo dilatante)

 
Graduale dilatazione del collo dell’utero. Nella primigravida il tempo dall’inizio del travaglio attivo (dilatazione almeno 3 cm) alla dilatazione completa (circa 10 cm) è compreso fra 6 e 12 ore. Questa prima parte del travaglio può essere dolorosa o spossante: è qui che si metteranno in pratica le tecniche apprese nel corso di preparazione o che in alternativa si potrà richiedere l’analgesia.
 
Se le contrazioni si diradano o non sono valide (cioè sono poco efficaci) è possibile somministrare l'ossitocina in fleboclisi, farmaco di natura ormonale che stimola l'utero a contrarsi e - a bassi dosaggi - serve a regolarizzare un'attività contrattile uterina non coordinata.
 
Secondo Stadio (periodo espulsivo)
 
Espulsione del bimbo attraverso il canale del parto. Può durare un’ora o due.
Spesso è possibile scegliere la posizione preferita, in cui una donna si sente meglio di riuscire a "spingere" (seduta, in piedi, sdraiata, in ginocchio, carponi, accovacciata). Queste posizioni si possono anche alternare l’una all’altra.
All’inizio di ogni contrazione, dopo due respiri profondi, si inizia a spingere verso il basso (con lo stesso meccanismo con cui ci si scarica) trattenendo l’aria nei polmoni. Fra una spinta e l’altra si riprende fiato, cercando di sfruttare al massimo ogni contrazione (circa 3-4 spinte per contrazione).
Il periodo di tempo compreso fra una contrazione e la successiva serve per riposarsi e riacquistare le forze. La presenza del partner può essere di grande aiuto, ma è l’ostetrica che guiderà con armonia il processo. Quando la testina del bimbo si affaccia ai genitali esterni, la partoriente può vederla con uno specchio o toccarla con la propria mano (per rendersi conto, se lo desidera, di quello che sta accadendo). Ad un certo punto l’ostetrica dirà di non spingere più o di farlo con molta delicatezza, per evitare lacerazioni o trazioni eccessive. Molto spesso si rende necessario praticare un piccolo taglio (episiotomia) in anestesia locale, per allargare lo spazio o accorciare i tempi del parto qualora il bimbo fosse in debito di ossigeno.
 
Dopo la testa, escono le spalle (occorre un’altra spinta) e poi il resto del corpo.
 
Prima di recidere il cordone ombelicale è spesso possibile abbracciare il bambino, tenendolo stretto a sé (primo contatto). Poi il cordone viene clampato con due mollette e tagliato (il partner può farlo se lo desidera, sotto la guida dell’ostetrica).
Il neonato viene asciugato affinché non si raffreddi troppo e se il pediatra verifica che tutto è nella norma sarà possibile tenerlo ancora per un po’ di tempo e coccolarlo o attaccarlo al capezzolo.
Poi viene portato a fare il bagnetto (per pulirlo dalla vernice caseosa, che è quella sostanza bianca e grassa che lo ha protetto quando era immerso nel liquido amniotico), cui può assistere anche il papà.
Il bambino viene visitato, misurato e pesato. Il "punteggio di Apgar" è un indice grossolano dello stato di benessere del neonato che valuta 5 parametri: battito cardiaco, respiro, colorito, tono muscolare e riflessi. Questo punteggio si esprime con un voto fino a 10, che viene assegnato dopo un minuto dalla nascita e nuovamente dopo 5 e 10 minuti. Più preciso è il pH neonatale, che si dosa sul sangue del cordone ombelicale ed esprime meglio le condizioni di ossigenazione del feto.
 

Terzo Stadio (secondamento)

 
Espulsione della placenta. Avviene dopo 10-20 minuti, ma in assenza di emorragia si può aspettare anche un’ora. Un’iniezione intramuscolare può essere praticata per agevolare questo tempo ed evitare un’eccessiva perdita di sangue se l’utero fatica a contrarsi adeguatamente. Espulsa la placenta, l’ostetrica la esamina accuratamente controllando entrambe le facce (materna e fetale), separando le membrane e notando la modalità di inserzione del cordone ombelicale. La paziente può chiedere di vedere la propria placenta, se lo desidera. Il secondamento si dice completo se non rimangono in cavità uterina frammenti di placenta o lembi di membrane.
Se si evidenziasse una perdita di sangue abbondante o se dopo un’ora la placenta non si fosse ancora staccata, si procederà al "secondamento manuale" in anestesia generale (l’ostetrico rimuove la placenta con la mano ed effettua una revisione della cavità uterina).
 
Tratto da: www.gravida.org, con il gentile permesso del dr. Liverani

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