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Scegli tu come fare la mamma!

Dott.ssa Giulia Puccinelli, 10.10.2014
Crescere un figlio seguendo ostinatamente i consigli degli specialisti può essere frustrante. Ogni famiglia deve capire da sola cosa sia meglio per mamma e bebè, nel rispetto delle emozioni e dei bisogni di entrambi.

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Proporre con foga quello che manuali ed autori illustri considerano il miglior comportamento da attuare per il bambino (ad esempio dove dormire), può essere controproducente se una famiglia, per i più disparati motivi, non è in grado di metterlo in pratica. 
Spesso infatti questo genera nelle famiglia sensazioni di inadeguatezza e porta a sentirsi madri di serie A o di serie B.
Esempio pratico: inutile portare avanti il concetto del bambino per un sano sviluppo psicoemotivo debba dormire per forza in camera sua, se la famiglia intera prova piacere a dormire insieme; Il concetto alla base di mammemozioni è quello di proporre il MIGLIOR COMPORTAMENTO PER QUELLA FAMIGLIA, trasmettendo l’idea che QUELLA FAMIGLIA sta facendo IL MEGLIO CHE Può FARE PER IL PROPRIO BAMBINO. Tutto questo, diventando emotivamente competenti.
Quello che è importante è cioè come si sente la famiglia e non cosa fa (ovviamente nel rispetto del bambino).
Se una mamma non ha piacere di allattare a richiesta il proprio bambino, il bambino quasi sicuramente avvertirà questo disagio e lo dimostrerà con agitazione o col pianto. 
Di solito di fronte a questa situazione, si sentono pareri opposti come:
“fai uno sforzo, non c’è niente di meglio del tuo latte per tuo figlio” oppure:
“eh se piange è perché è già viziato, tieni duro e capirà chi comanda”.
Nessuna di queste due frasi tiene in considerazione i bisogni di entrambi i soggetti. 
La prima non considera le emozioni della madre e la seconda del figlio. 
Quello che propongo è invece di cercare soluzioni che rispettino sempre i bisogni di entrambi.
Innanzitutto chiarendo le motivazioni del disagio della madre e in base a quelle, trovare una soluzione che possa accontentare la diade madre-bebè.
Un esempio potrebbe essere:
“mi sento indispensabile, non mi sento di uscire sola nemmeno 5 minuti perché ho la sensazione di sentire mio figlio che piange”
In questo caso, si potrebbe proporre di organizzarsi con nonni o amici per poter uscire subito dopo la poppata, quando cioè si ha la certezza che il bambino sia sazio oppure, tirarsi il latte e tenere una scorta da parte in caso di emergenza.
Ovviamente si può rispondere che ci sono studi che dimostrano che il tiralatte riduce la produzione di latte, che non è la stessa cosa per il bambino e via così. Ok. Ma quello che ci tengo a sottolineare è che se la madre è in ansia, nervosa, non serena, il beneficio psicologico dell’allattamento al seno sul bambino, sarà ridotto, in alcuni casi di molto. 
Ed in più avremo una madre nervosa e frustrata.
Diventare emotivamente competenti significa riuscire a capire cosa sia meglio per mamma e bebè, INSIEME, come una coppia e se si riesce addirittura come famiglia. 
Trovare quindi una soluzione unica e personale diventando una MAMMA COME TI PARE.
A cura della Dott.ssa Giulia Puccinelli Psicologa Psicoterapeuta, mammemozioni.com

Proporre con foga quello che manuali ed autori illustri considerano il miglior comportamento da attuare per il bambino (ad esempio dove dormire) può essere controproducente se una famiglia, per i più disparati motivi, non è in grado di metterlo in pratica. 

Spesso infatti questo genera nelle famiglia sensazioni di inadeguatezza e porta a sentirsi madri di serie A o di serie B.


Esempio pratico: inutile portare avanti il concetto del bambino per un sano sviluppo psicoemotivo debba dormire per forza in camera sua, se la famiglia intera prova piacere a dormire insieme.

Il concetto alla base è quello di proporre il miglior comportamento per quella famiglia, trasmettendo l’idea che quella famiglia sta facendo il meglio che può fare per il proprio bambino.

Tutto questo, diventando emotivamente competenti.


Quello che è importante è cioè come si sente la famiglia e non cosa fa (ovviamente nel rispetto del bambino).


Se una mamma non ha piacere di allattare a richiesta il proprio bambino, il bambino quasi sicuramente avvertirà questo disagio e lo dimostrerà con agitazione o col pianto. 

Di solito di fronte a questa situazione, si sentono pareri opposti come:
“fai uno sforzo, non c’è niente di meglio del tuo latte per tuo figlio” oppure:
“eh se piange è perché è già viziato, tieni duro e capirà chi comanda”.
Nessuna di queste due frasi tiene in considerazione i bisogni di entrambi i soggetti. 

La prima non considera le emozioni della madre e la seconda del figlio. 

Quello che propongo è invece di cercare soluzioni che rispettino sempre i bisogni di entrambi.


Innanzitutto chiarendo le motivazioni del disagio della madre e in base a quelle, trovare una soluzione che possa accontentare la diade madre-bebè.


Un esempio potrebbe essere:“mi sento indispensabile, non mi sento di uscire sola nemmeno 5 minuti perché ho la sensazione di sentire mio figlio che piange”.
In questo caso, si potrebbe proporre di organizzarsi con nonni o amici per poter uscire subito dopo la poppata, quando cioè si ha la certezza che il bambino sia sazio oppure, tirarsi il latte e tenere una scorta da parte in caso di emergenza.
Ovviamente si può rispondere che ci sono studi che dimostrano che il tiralatte riduce la produzione di latte, che non è la stessa cosa per il bambino e via così. Ok.

Ma quello che ci tengo a sottolineare è che se la madre è in ansia, nervosa, non serena, il beneficio psicologico dell’allattamento al seno sul bambino, sarà ridotto, in alcuni casi di molto. Ed in più avremo una madre nervosa e frustrata.


Diventare emotivamente competenti significa riuscire a capire cosa sia meglio per mamma e bebè, INSIEME, come una coppia e se si riesce addirittura come famiglia. 

Trovare quindi una soluzione unica e personale diventando una MAMMA COME TI PARE.


A cura della Dott.ssa Giulia Puccinelli Psicologa Psicoterapeuta, mammemozioni.com

photo © Sally Watts

 

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