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Quando la gravidanza non arriva

22.11.2010
Quando una gravidanza proprio non arriva lo stress può accanirsi specialmente contro le donne, che si sentono madri mancate. Ecco come fare per uscirne

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Uno dei motivi di maggior stress per le donne è la ricerca di un figlio che non arriva.

Le storie di chi ha vissuto questo evento sono spesso simili: raccontano di matrimoni felici, di situazioni economiche stabili, di una certezza: "è il mento giusto per fare un figlio".

 

Invece passano i mesi, il figlio non arriva, lo stress comincia a salire, si fanno tutte le indagini mediche del caso (da cui risulta che sul piano fisico è tutto a posto), la coppia va in crisi.

 

Lo stress e il senso di impotenza, dopo tutti gli sforzi fatti, producono un forte disagio nella donna, che sente fuggire gli anni migliori per mettere al mondo un figlio e ha paura di perdere tutto, compreso il compagno.

 

 

Il problema: una marcia forzata che dà angoscia

Quando consideriamo la vita semplicemente una successione di tappe (a 30 anni un figlio, a 35 la casa al mare, a 40 la promozione sul lavoro...) capita spesso che qualcosa dentro di noi si metta in moto in senso contrario.

 

Il momento appare propizio, non manca nulla, un passo dopo l'altro abbiamo fatto tutte le cose giuste, ora è tempo di diventare genitori.

E invece niente, la gravidanza non arriva.

Ecco cominciare una marcia forzata che porta stress e frustrazione, fino all'angoscia.

 

 

Gli errori da evitare

 

  • Imporre alla natura la nostra volontà

Fare un figlio è un evento naturale; la natura ha però i suoi tempi di "maturazione" e se questi non coincidono con i nostri desideri lo stress ha inizio: «Non sono ancora incinta? E perché? Facciamo subito gli esami!».

 

  • Angoscia per il futuro

I test non evidenziano nulla di anomalo.

Dovrebbe essere una notizia positiva ma non viene letta in questo modo, anzi è fonte di uno stress ancora maggiore.

Si pensa: «Ma come, se è tutto a posto, cosa c'è che non funziona?».

 

  • Autocritiche e sensi di colpa

Prende forma il pensiero più pericoloso: c'è qualcosa che non funziona in me, non sono in grado, non sono capace.

Soprattutto, non ho raggiunto l'obiettivo prefissato nei tempi che avevo stabilito.

È evidente quanto si sia ormai lontani dalla disposizione d'animo migliore, quella più favorevole all'innescarsi dell'evento-gravidanza.

 

 

La soluzione: arrendersi agli eventi

L'eccessiva razionalità, un modo di pensare logico e consequenziale, una testa che vorrebbe decidere persino i tempi del concepimento, sono i primi nemici di chi vorrebbe avere un figlio.

In realtà questo evento non dipende da noi, anzi quanto più siamo fermi nei nostri propositi tanto più la natura si ribella, "blocca il progetto" e parte lo stress.

Per questo accanirsi diventa controproducente: dentro di noi abitano forze arcaiche che non assecondano i piani dell'Io, se non quando questi coincidono con la nostra natura più autentica.

 

 

Basta combattere, affidiamoci alla vita

Ma come può esserci successo se vogliamo piegare la forza generativa a esigenze (il momento giusto, le opportunità da non perdere...) che non le appartengono?

È come combattere i mulini a vento.

Se non ce ne accorgiamo in tempo, ci infiliamo mani e piedi in un tunnel di stress al termine del quale non troveremo altro che insoddisfazione, insicurezza e depressione.

 

 

Che fare dunque?

Nulla, se non arrendersi all'evidenza dei fatti, spogliarsi dell'armatura, smettere di combattere. Accettare che il concepimento sia un evento misterioso, che accade quando deve accadere è l'unico modo per non rovinarsi la vita con le proprie mani... e favorire davvero l'evento tanto atteso.

 

Le storie di chi ci è riuscito lo confermano: tutte sono rimaste incinte, dopo anni di insuccessi, proprio quando hanno smesso di pensarci e di farne un'ossessione e hanno lasciato che la creatività riempisse la loro vita in molti modi diversi: nuovo lavoro, nuovi interessi, nuovi amici, nuove attività...

Tra queste novità, alla fine, è arrivata anche quella tanto sperato: il figlio cui ormai non si pensava più. Fonte: www.riza.it

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