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Parto pretermine: il ruolo della vaginosi batterica

Guaschino S., De Seta F., Piccoli M., Maso G., Alberico S., 4.5.2010
La vaginosi batterica (VB) è il disturbo più frequente del tratto genitale inferiore, in donne in età riproduttiva.

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Si tratta di una condizione clinica caratterizzata da:

1. alterazione della flora batterica vaginale (“ecosistema vaginale”), con ridotta concentrazione dei diversi ceppi di Lactobacillus produttori di acido lattico e H2O2 (perossido di idrogeno, ossia acqua ossigenata), che contribuiscono a mantenere basso il pH vaginale, difendendo l’ecosistema vaginale da germi invasori, specie di origine colonica. In condizioni fisiologiche i ceppi dei lattobacilli produttori di H2O2 rappresentano il 90-95% dell’intera popolazione di lattobacilli, che è composta di più di 40 ceppi diversi;

2. aumento dei germi Gram negativi e dei batteri anaerobi, usualmente numericamente marginali nell’ecosistema vaginale fisiologico. In effetti, il rapporto tra lattobacilli e anaerobi varia tra 2:1 fino a 5:1 in condizioni fisiologiche. Tale rapporto si inverte, fino a raggiungere l’1:100, fino all’1:1000, a favore quindi degli anaerobi, con il ridursi dei lattobacilli H2O2 produttori e il progressivo aumento del pH vaginale. Concetto chiave: la vaginosi è caratterizzata da un’alterazione solo numerica, quantitativa, quindi, e non qualitativa, dei diversi tipi di microrganismi presenti nell’ecosistema vaginale. I germi minoritari, che sono in più attiva proliferazione nella vaginosi, rispetto alla condizione fisiologica, sono la Gardnerella vaginalis, la Prevotella, il Bacteroides, il Mobiluncus e il Mycoplasma. Le ragioni di questo viraggio sono sconosciute. Nonostante la cospicua moltiplicazione dei ceppi summenzionati, la vaginosi non sembra associata a segni di infiammazione locale. Per esempio, la conta leucocitaria nelle secrezioni vaginali è normale. È questa la ragione per cui si parla di vaginosi e non di vaginite. Il 50% circa delle donne è asintomatico. I sintomi, quando presenti, includono un modesto aumento della leucorrea e il caratteristico odore di pesce avariato, molto fastidioso per la donna.

Prevalenza

La prevalenza della vaginosi varia dal 4 al 64%, a seconda degli studi, della razza, e delle caratteristiche cliniche della popolazione studiata. La prevalenza più bassa (4-17%) è riscontrata nelle donne che afferiscono a studi privati, la più alta (64%) in quelle che si rivolgono agli ambulatori dedicati alla malattie sessualmente trasmesse. In donne asintomatiche, la prevalenza varia dal 12 al 25%. Simili percentuali sono documentate anche in donne gravide.

La diagnosi di vaginosi

Poiché la vaginosi è per definizione caratterizzata da uno squilibrio numerico tra microrganismi normalmente presenti in vagina, la diagnosi non può essere fatta usando l’esame microbiologico colturale, che è invece il gold standard in caso di vaginite.

Per la diagnosi sono quindi più usati due criteri:

a) la valutazione clinica, standardizzata da Amsel nel 1983 [1], che ha i limiti di essere soggettiva, non riproducibile e per certi versi sgradevole, ha il grande vantaggio di poter essere effettuata subito nel proprio ambulatorio da ogni ginecologo;

b) a colorazione di Gram sul secreto vaginale, quantificata secondo i criteri di Nugent, descritti nel 1991 [2]. Quest’ultima ha il pregio di essere riproducibile, con un’alta concordanza tra osservatori diversi, e una buona correlazione tra score di Nugent e sintomi clinici di vaginosi. In pratica, bisogna stendere una piccola quantità di secrezioni vaginali su vetrino e lasciare asciugare naturalmente; procedere alla colorazione di Gram; procedere allo score, effettuato contando il numero di morfotipi per campo, da 1+ a 4+. Uno score di 7 o più è indicativo di vaginosi, da 4 a 6 è intermedio, da 0 a 3 è normale [2].

Il ruolo della vaginosi batterica in Ostetricia

Della vaginosi batterica in ginecologia si è discusso ampiamente in monografie precedenti (Gyneconews n. 2/2006). L’interesse della ottima review di Guaschino e Collaboratori è di aiutare il ginecologo pratico a considerare l’importanza degli ecosistemi vaginali – e della loro alterazione principe, nota come vaginosi batterica - in ostetricia. Considerata all’inizio come una condizione parafisiologica, la vaginosi ha infatti acquisito una progressiva importanza proprio in ostetricia. È oggi considerata tra i fattori etiologici del parto pretermine, della rottura prematura e pretravaglio delle membrane (PPROM), della corioamnionite, dell’endometrite postpartum, delle infezioni postchirurgiche e della malattia infiammatoria pelvica. Nello specifico, l’associazione tra vaginosi e parto pretermine è stata oggetto di molti studi e di una meta-analisi su 20.232 donne [3], con risultati controversi. Secondo questo studio europeo, la vaginosi batterica:

• raddoppia il rischio di parto pretermine prima della 37% SG. (OR 2.19; 95% CI 1.54-3.12);

• il rischio è ulteriormente aumentato se la diagnosi di vaginosi è effettuata nei primi mesi di gravidanza;

*aumenta di 7 volte, se la diagnosi avviene prima della 16a SG;

*aumenta di 4 volte , se la diagnosi avviene prima della 20a SG.

Uno studio osservazionale americano [4] non ha invece confermato questi dati: l’associazione tra la vaginosi e rischio di parto pretermine appare molto più contenuta (OR tra 1.1.e 1.6) e non è emersa alcuna relazione tra momento della diagnosi nei diversi trimestri e rischio di parto pretermine. È possibile che variazioni nelle caratteristiche delle due popolazioni esaminate possano spiegare questa differenza tra lo studio europeo e quello americano.

Quesiti critici

Alcune questioni di fondo e la grande variabilità dei dati riportati in letteratura sollevano, secondo Guaschino e Collaboratori, alcune puntuali riflessioni critiche, che merita condividere:

• come mai una condizione così prevalente, caratterizzata da microrganismi a bassa virulenza, spesso asintomatica e senza importanti sintomi e segni infiammatori, causa poi patologie ostetriche e ginecologiche così importanti?

• se solo una piccola percentuale di donne con vaginosi batterica (6,3%) va incontro a un parto pretermine con feto di basso peso alla nascita, e una ancora inferiore (3,4%) va incontro a un feto di basso peso a termine, non è forse il caso di modificare il concetto di vaginosi batterica da “malattia” a un “disordine dell’immunità mucosa/microbica”?

• di fatto, la vaginosi è causa di patologia ostetrica, o è il semaforo rosso che si accende su un’aumentata vulnerabilità alla patologia medesima, su base genetica? Di fatto, anche la vaginosi batterica è una condizione eterogenea. Il suo grado di patogenicità dipende dal rapporto fra “aggressività” dei microrganismi in gioco e, sempre più importante, la “competenza” del sistema immunitario dell’ospite, in questo caso la donna gravida.

Studi diversi indicano tra i fattori critici:

• i livelli di interleuchina 1 beta e di interleuchina 1, anche se con risultati diversi tra diversi ricercatori;

• l’allele 2 del gene che codifica la sintesi del Tumor Necrosis Factor –alfa (TNF-alfa), la cui presenza aumenta il rischio di parto pretermine –OR 2.7;

• l’effetto di potenziamento tra vaginosi batterica e presenza dell’allele 2 per il TNF-alfa, con unOR di 6.1, il che suggerisce, come sempre in medicina, quanto sia critica l’interazione tra fattori di suscettibilità individuale e fattori ambientali.

L’orientamento attuale è che il gruppo di donne ad alto rischio per eventi ostetrici avversi sia individuabile grazie alla ricerca sul fronte non solo della flora batterica vaginale o del pH, ma anche del livello di risposta immunitaria nella singola donna e, in futuro, sul profilo genetico che possa amplificare questa stessa vulnerabilità.

Allo stato attuale, la diagnosi precoce di vaginosi batterica in gravidanza e la sua terapia, potrebbe comunque ridurre:

a) la percentuale di parti pretermine;

b) la correlata morbilità e mortalità perinatale;

c) il rischio di infezioni puerperali.

Orientamenti terapeutici

I dati sull’efficacia dei trattamenti antibiotici con clindamicina topica o metronidazolo nel ridurre la vaginosi batterica e l’associato parto pretermine sono controversi. Alcuni studi indicano in effetti una riduzione del rischio di travaglio spontaneo pretermine e delle nascite premature, altri non mostrano nessuna efficacia e uno studio addirittura evidenzia un aumentato rischio di parto pretermine.

Di conseguenza, anche l’indicazione al trattamento della vaginosi batterica in gravidanza è controversa. Per esempio, una Cochrane review ha sì dimostrato l’efficacia del trattamento antibiotico nell’eradicare la vaginosi batterica in gravidanza (OR 0.21), ma non che questo abbia poi ridotto il rischio di parto pretermine. Comunque, il Center for Disease Control and Prevention [5] consiglia di trattare, usando clindamicina o metronidazolo intravaginali, antibiotici ben noti agli ostetrici. Nonostante la pari efficacia sulla vaginosi, i due antibiotici mostrano un diverso profilo nel causare resistenze batteriche. Profilo nettamente più favorevole per il metronidazolo che non per la clindamicina. E tuttavia, a complicare le cose, 4 studi in donne a basso rischio hanno dimostrato che la clindamicina ha effettivamente risolto il rischio di parto pretermine.

Conclusioni

La vaginosi batterica è una condizione eterogenea. Il suo impatto clinico è controverso. Nello specifico, il suo potenziale impatto patogeno in ostetricia è limitato a un sottogruppo di donne la cui identificazione non è ancora stata messa a punto in modo univoco. Variazioni individuali nella competenza immunitaria, modulate sia da fattori genetici, sia ambientali, sono probabilmente responsabili della grande varietà di esiti ostetrici che la vaginosi può causare. Dal punto di vista pratico, è comunque importante che il ginecologo –ostetrico:

• valuti routinariamente il pH vaginale nelle sue pazienti gravide;

• consideri che un pH superiore a 4.5 indica una potenziale condizione di maggiore vulnerabilità ostetrica;

• consideri quali misure adottare per normalizzare il pH, riducendo così indirettamente la vulnerabilità agli esiti ostetrici avversi della vaginosi;

• dedichi crescente attenzione alla competenza immunitaria materna ottimale, e agli studi che la approfondiscono, sia per aggiornamento personale, sia per avere, in futuro, strumenti sempre più affidabili per riconoscere il sottogruppo di donne ad alto rischio per esiti ostetrici avversi;

• infine, va pragmaticamente considerata la possibilità di normalizzare il pH con modalità topiche non antibiotiche, per esempio, con le tavolette a base di vitamina C [6], che possono essere usate con piena serenità in gravidanza, e che hanno il pregio di non causare resistenze batteriche.

Bibliografia:

1. Amsel R, Totten PA, Spiegel CA et al (1983) Non specific vaginitis. Diagnostic criteria and microbial and epidemiological associations. Am J. Med 74:14-22

2. Nugent RP, Krohn MA, Hillier SL (1991) Reliability of diagnosing bacterial vaginosis is improved by a standardized method of Gram stain interpretation. J.Clin.Microbiol 29(2):297-301

3. Leitich H, Bodner-Adler B, Brunbauer M, Kaider A, Egarter C, Husslein P (2003) Bacterial vaginosis as a risk factor for preterm delivery: a meta-analysis. Am J Obstet Gynecol 189(1):139-47

4. Klebanoff MA, Hillier SL, Nugent Rp, MacPherson CA, Hauth JC, Carey JC, Harper M, Wapner RJ, Trout W, Moawad A, Leveno KJ, Miodovnik M, Sibai BM, Vandorsten JP, Dombrowski MP, O’Sullivan MJ, Varner M, Langer O, National Institute of Child Health and Human Development Maternal-Fetal Medicine Units Network (2005) Is bacterial vaginosis a stronger risk factor for preterm birth when it is diagnosed earlier in gestation? Am J Obstet Gynecol 192(2): 470-477

5. Center for Disease Control and Prevention Sexually Transmitted Diseases. Treatment Guidelines 2002. Management of patients who have vaginal infections http://www.cdc.gov/STD/treatment/5-2002TG. htm// bacterial vaginosis. Accessed October 2006

6. Polatti F, Rampino M, Magnani P, Mascarucci P (2006) Vaginal pH-lowering effect of locally applied vitamin C in subjects with high vaginal pH. Gynecol Endocrinol. 22(4):230-234

Tratto da: Aetiology of preterm labour: bacterial vaginosis. BJOG 113(S.3): 46-51; www.alessandragraziottin.it

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