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La translucenza nucale

4.5.2010
E’ bene precisare che i neonati da tecniche di procreazione assistita hanno un tasso di malformazioni alla nascita simile a quello dei nati da gravidanze spontanee, nell’ordine del 3% di tutti i nati.

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E’ bene precisare che i neonati da tecniche di procreazione assistita hanno un tasso di malformazioni alla nascita simile a quello dei nati da gravidanze spontanee, nell’ordine del 3% di tutti i nati.
 
Tuttavia le donne che ricorrono a tecniche di procreazione assistita per infertilità femminile o maschile o mista, spesso hanno un’età superiore ai 35 anni, cosa che aumenta di per sé il rischio che il feto abbia un’anomalia genetico-cromosomica. Inoltre la condizione di infertilità maschile o femminile può condizionare un rischio maggiore di difetti nel feto, dovuti alle cause note o ignote di infertilità.
 
Le coppie che ricorrono a tecniche di procreazione assistita non concepirebbero in condizioni normali: il concepimento e la gravidanza vengono ottenute medicalmente “forzando” la natura, che aveva previsto per qualche motivo spesso ignoto di lasciare queste coppie senza la gioia di un figlio.
 
Le tecniche diagnostiche per le alterazioni a carattere genetico-cromosomico fetali si devono per maggiore precisione suddividere in tecniche di screening e tecniche diagnostiche vere e proprie: le prime consentono solo di definire se una donna è a rischio di portare avanti una gravidanza con feto anomalo, mentre le seconde consentono di accertare con un piccolissimo margine di errore se il feto è effettivamente malato.
 
La translucenza nucale ricade nelle tecniche di screening. Nel 1866 Langdon Down descrisse come le caratteristiche comuni agli individui affetti da trisomia del cromosoma 21 (sindrome di Down) fossero una scarsa elasticità della cute, che sembrava essere troppo abbondante rispetto alla superficie corporea, il naso piccolo ed il volto piatto. Negli anni ’90 è stato possibile osservare la cute in eccesso nei feti affetti da sindrome di Down mediante un esame ecografico che viene effettuato nel terzo mese di vita intrauterina, sotto forma di aumento di spessore della zona retronucale fetale la quale viene identificata in ecografia come translucenza nucale. La translucenza nucale fetale a 11–13+6 settimane è stata combinata con l’ età materna per creare un efficace metodo di screening per la trisomia 21; per una percentuale di falsi positivi del 5% (cioè il test dice che il feto è colpito, mentre è invece perfettamente sano, in un caso su 20), possono infatti essere identificate il 75% delle gravidanze affette da trisomia 21. Associando alla translucenza nucale i livelli di free beta-hCG e PAPP-A (una proteina placentare) nel sangue materno a 11–13+6 settimane, la sensibilità dello screening per i difetti cromosomici è risultata essere dell’ 85–90%.
 
Nel 2001 è stato scoperto che nel 60–70% dei feti affetti da trisomia 21 l’osso nasale non è visualizzabile all’ ecografia delle 11–13+6 settimane ed i risultati preliminari suggeriscono che la valutazione dell’ osso nasale possa aumentare la sensibilità dell’ ecografia e della biochimica materna nel primo trimestre oltre il 95%.
 
L’ aumento della translucenza nucale, oltre ad avere un ruolo nella valutazione del rischio per la trisomia 21, permette di identificare un’ elevata proporzione di altri difetti cromosomici ed è inoltre associato ad anomalie del cuore e dei tratti di efflusso dei grossi vasi e ad un vasto gruppo di sindromi genetiche.
 
Tratto da: www.donnamed.it

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