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Cantare in gravidanza

Dr. Maria Teresa Nardi, 3.2.2011
L’uso del canto in gravidanza ha molteplici benefici sul piano fisico e soprattutto psicologico
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Una canzone per ogni bambino

Thomas Verny (uno dei massimi esperti di educazione e medicina prenatale e perinatale) narra di un suggestivo rituale di una tribù dell’Africa orientale.

Quando una donna desidera un figlio siede sotto un albero ed ascolta delle canzoni.

Quando sente la canzone che ritiene adatta per il proprio figlio, la insegna al futuro padre ed insieme al suo uomo la canta cercando di concepire il bambino.

Durante la gravidanza la madre insegna la canzone all’ostetrica e alle donne anziane del villaggio.

Quando il bimbo nasce tutti i presenti cantano la sua canzone, che viene poi insegnata anche agli altri membri del villaggio.

Questa canzone accompagnerà tutti gli eventi significativi della vita del bambino, fino alla sua morte, in cui verrà cantata per l’ultima volta.

 

Anche se questi riti esulano dai più moderni programmi di educazione, rappresentano modalità di cura del feto e dell’essere umano, ancor più significative perché non supportate da conoscenze scientifiche, ma da qualcosa di simile ad un’intuizione in cui la musica si offre come spazio contenitivo di affetti profondi e della relazione primaria con il feto ed il bambino.

(tratto dal libro “Il feto ci ascolta … e impara”, di A. Imbasciati e P. Manfredi, Borla, Roma, 2004).

 


Il canto in gravidanza

L’uso del canto in gravidanza ha molteplici benefici sul piano fisico e soprattutto psicologico, a partire dalla possibilità di maturare una consapevolezza delle potenzialità comunicative della propria voce.

 

Il canto spontaneo permette di rivisitare la propria infanzia, di riflettere sul ruolo genitoriale, facendo diventare il tempo dell’attesa un tempo fecondo per riconsiderare e ripercorrere all’indietro la propria infanzia e pensare a quale sarà il proprio progetto educativo e la propria funzione genitoriale.

 

Il canto in gravidanza permette di sperimentare modalità comunicative proprie dei bambini, dando l’opportunità concreta ai genitori di pensare al piccolo come altro da sé, con esigenze e bisogni diversi dai propri.

Nella dimensione ludico-creativa che si origina, la mamma alimenta l’attaccamento e la relazione empatica con il bebè, sintonizzandosi su di lui, parlando e cantando per lui, assecondando il naturale fenomeno di regressione che si attua in gravidanza.

 

Nei testi delle canzoncine infantili trovano spazio le fantasie attraverso cui la gestante e il padre danno forma al bambino nella loro mente; cantare di occhietti e manine, di gambine e nasini… alimenta l’immaginazione per il piccolo, favorendo così una precoce “mentalizzazione” del feto, grazie alla quale si creano spazi mentali capaci di accogliere il bimbo che ha gusti musicali, creatività, recettività, reazioni a stimoli sonori diversi dai futuri genitori.

 

Attraverso il canto i futuri genitori vengono aiutati a scoprire un proprio modo sonoro per rivolgersi al bambino, e quindi a formare pensieri per lui e a “prendersi cura” di lui.

Questo perché il feto a partire dal quinto mese della gravidanza dispone di un apparato uditivo completo e inizia ad imparare a distinguere la voce della mamma e del papà, da tutti gli altri suoni e voci che lo raggiungono nell’utero.

In particolare, scrive Alfred Tomatis, la madre si rivela al feto specialmente mediante la voce che emerge dall’ambiente sonoro uterino ogni volta che gli parla.

Dalla voce materna il piccolo ricava informazioni sullo stato emotivo della mamma che gli comunica indifferenza, accoglienza, rifiuto o amore.

La voce che canta, sottolinea la dottoressa Elisa Benassi, diviene oggetto intermediario della relazione perché nella scelta di una melodia, di un testo, di un tono, di un’articolazione ritmica che possa coinvolgere il bambino, la madre può racchiudere il desiderio di comunicare il suo affetto, la sua allegria, la sua sorpresa, il suo stupore”.

 

L’uso del canto in gravidanza, infine, si fa ponte fra prima e dopo, è elemento di continuità sonora fra il pre e post natale.

Lo psicoanalista e psicologo Franco Fornari sottolinea le capacità del feto di memorizzare e ricordare l’andamento ritmico ed intonativo di filastrocche e tiritere, che vengono così facilmente riconosciute dopo la nascita.

Riproporre lo stesso repertorio sonoro anche subito dopo la nascita acquista il “significato di incantamento”, permette al piccolo di ritrovare il già noto, di ridurre lo spaesamento della nascita e di recuperare emotivamente ciò che aveva vissuto nel grembo materno.


Dottoressa Maria Teresa Nardi, Musicologo Musicoterapeuta, www.relazionesonora.it


Foto: © Dreamstime.com Agency


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