Alisha alle 10:59
nel tema RE: Allergie: cibo, polvere
Se ci soffermiamo ad osservare con attenzione un gruppo di bambini piccoli che giocano ci rendiamo conto rapidamente che per loro il gioco non è un passatempo né una maniera di distrarsi o riposarsi: per loro il gioco è una forma di lavoro, è l’attività primaria della loro vita attuale, è l’unica maniera che conoscono per esprimersi e per comunicare.
I cuccioli di mammiferi giocano tra di loro per imparare a difendersi e a cacciare, intanto si divertono e sviluppano la muscolatura. I nostri cuccioli, attraverso il gioco, sviluppano la loro complessa struttura mentale e imparano a utilizzare le diverse potenzialità dell’organismo.
Nel primo anno di vita il gioco permette di sviluppare in maniera armonica il sistema psicomotorio: collegare gli occhi con le mani, conoscere le forme, il pieno e il vuoto, il dentro e il fuori, il sopra e il sotto, il prima e il dopo, e ancora molte altre cose.
Il gioco già nelle prime settimane di vita permette al cervello di organizzare collegamenti cellulari e creare elaborati programmi mentali.
Probabilmente senza il gioco saremmo meno intelligenti della più stupida tra le scimmie.
È il gioco quindi il vero alimento della mente, il cibo è soltanto il carburante per produrre l’energia per giocare (nei bambini serve anche per aumentare il volume dell’organismo).
In questo senso il gioco è molto più importante del cibo e probabilmente senza il gioco nessun bambino sarebbe disposto a cibarsi e quindi a vivere.
Se il nostro sviluppo mentale (e con lui l’identità e la personalità) si organizza e si struttura nel primo anno di vita, significa che per giocare non bisogna aspettare di saper tirare calci ad una palla.
Veniamo quindi alla prima domanda “come giocare con lui fin dai primi giorni di vita?”.
È facilissimo, basta provare ad essere un po’ come lui, e siccome lui confonde se stesso con la mamma, dobbiamo provare a confonderci un po’ con lui.
Dobbiamo riuscire ad accettare di essere noi il suo gioco.
Il seno della mamma, i suoi occhi, il suo odore, le sue dita, il suo calore, sono il gioco dei primi giorni; stare in braccio o essere massaggiati è il primo gioco che lo porta a conoscere la mamma e attraverso di lei iniziare a conoscere se stesso.
Dal secondo mese il gioco sarà osservare ed esplorare, ma mai da solo, sempre in braccio, perché ancora non può sapere che il braccio è della mamma.
Verso i quattro mesi il gioco diventa interessante, perché quanto si è scoperto con gli occhi diventa accessibile alle mani (e alla bocca); anche il viso della mamma o del papà è un bel gioco in movimento che fa smorfie e rumori e che si può anche toccare.
Se questo per lui è un gioco, anche per noi deve essere puro divertimento che riesce a farci dimenticare non soltanto il lavoro e gli impegni, ma anche chi siamo; in quel momento dobbiamo essere come lui e vivere il qui-adesso-tra-di-noi.
È giocando con lui che riusciamo a vivere le sue emozioni, a conoscerlo e a farci conoscere; giocando riusciamo ad avere fiducia in noi come genitori e in lui come figlio, mentre lui impara ad avere fiducia in se stesso e quindi in noi.
Capiremo di amarci con grande facilità e creatività.
Dal sesto mese viene il bello, perché lui ormai sta abbastanza dritto, afferra e lancia e risponde ai nostri versi con urletti da matto. È molto divertente usare giocattoli improvvisati, come i cucchiai di plastica, gli anelli delle tende, i rocchetti di legno, i fiocchi dei pacchi, le scatolette riempite di palline e tutto quello che riesce a fare un po’ di baccano.
Per tutto il secondo semestre di vita i posti migliori per giocare sono i prati o, se piove, un tappetone di gommapiuma (ricoperto di stoffa o similpelle) in un angolo della sua camera.
Sul tappetone si può giocare anche senza giochi semplicemente usando il nostro corpo per rotolarsi insieme, fare capriole, tunnel, ecc.; ma anche con i giocattoli il tappetone diventa il posto più bello della casa dove, dopo il lavoro, bisognerebbe che anche noi ci precipitassimo…
Ma se il tempo è bello non dobbiamo dimenticare che siamo anche noi dei mammiferi e che non siamo stati programmati per vivere chiusi in gabbia; tutti i giochi che si riescono a fare fuori diventano belli il doppio e all’aperto si riesce a giocare più rilassati e senza mai stancarsi.
Dopo i primi mesi è utile che la mamma e il papà non facciano i turni per giocare, ma che ogni tanto giochino entrambi con lui, così lui imparerà a conoscerli meglio e loro impareranno a conoscersi reciprocamente nel nuovo ruolo di genitori giocosi.
Se lasciamo che per una volta sia nostro figlio a insegnarci qualcosa, potremo (ri)scoprire che non si viene al mondo per lavorare, ma per giocare, e che tutta la vita è un grande gioco.
Articolo di Alessandro Volta, Copyright VocidiBimbi.it © 2003
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