Quando un'impiegata, un'operaia o una libera professionista è in attesa di un bimbo e poi diventa mamma, deve anche fare i conti il mondo del lavoro, ma ha la legge dalla sua parte.
La normativa attualmente in vigore risale al 1971 (legge n. 1204) e al testo originale sono state progressivamente aggiunte altre norme.
Il principio base della legge stabilisce che la lavoratrice non possa essere licenziata durante il periodo che va dall'inizio della gravidanza al compimento del primo anno del figlio.
Cinque mesi a casa pagati.
Che cosa si intende per periodo di astensione obbligatoria?
Quello che va da 2 mesi prima della nascita a 3 mesi dopo il parto oppure ultimamente da 1 mese prima della nascita a 4 mesi dopo il parto.
In questa fase che dura in tutto 5 mesi, la donna ha il diritto, ma anche il dovere, di non andare a lavorare. Hanno diritto ad un'indennità di maternità anche le lavoratrici autonome, le coltivatrici dirette, le commercianti e le artigiane.
Se il lavoro è a rischio la futura mamma può chiedere di stare a casa dal lavoro anche prima del termine stabilito dalla legge.
Per esempio:
* gravidanza a rischio;
* malattia preesistente della donna che può peggiorare durante la gravidanza;
* condizioni di lavoro che possono pregiudicare il buon svolgimento della gravidanza.
Si parla di astensione facoltativa quando la neomamma voglia stare con il proprio bambino più a lungo dei 3 mesi canonici, la legge contempla infatti anche questa eventualità fino al compimento del nono mese di vita del bambino.
E se il bambino si ammala dopo che la mamma ha ripreso a lavorare?
La madre (o in alternativa il padre) possono astenersi dal lavoro per accudire il piccolo, presentando un certificato medico che attesti la malattia del bambino.
Attenzione!
Per avere ulteriori chiarimenti ci si può rivolgere al proprio Sindacato di categoria oppure contattare un Patronato.
Tratto da: http://www.ausl.pc.it/dedicato/dedicato_donne/dedicato_donne.asp
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