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La perdita di un bimbo

Piera Maghella, 4.5.2010
La morte di un bambino, sia che succeda in gravidanza, durante o dopo il parto, è sempre una tragedia. In gravidanza tutte le energie sono dedicate alla creazione della vita.

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La sofferenza per la perdita di un bambino è molto intensa perché è innaturale: i figli sopravvivono a noi; è un rovesciamento dell’ordine naturale degli eventi; per la madre il bimbo è parte di sè ed è come perdere una parte di sè, sente un forte senso di vuoto poiché ci sono pochissime opportunità di creare collegamenti e raccogliere memorie. L’intensità della sofferenza non dipende solo dalla durata della gravidanza, ma anche dall’intensità con cui viene vissuta. Più sentito è il legame più intenso e forte è la sofferenza, il lutto. E tuttavia, più chiaro è il legame ed il processo di realizzazione della morte, meno complicata è l’elaborazione del lutto. La sofferenza della perdita di un bambino è particolare rispetto ad altre perdite perché durante la gravidanza sono state fatte tante proiezioni sul bambino e sulla vita insieme che rimarranno sconosciute ed in molti casi non c’è nessuna memoria oggettiva. Quando un bambino nasce morto e muore poco dopo, non c’è niente. Il mondo non ricorda niente. L’utero è vuoto e le braccia sono vuote. Si ricorda la nascita o la morte. In questa esperienza si ha nascita e morte insieme, entrambe allo stesso tempo. “ho sentito di aver creato morte” Per la donna c’è anche il senso di perdita della propria capacità di generare, di mettere al mondo una creatura. “ho sentito di aver fallito come donna, ho odiato il mio corpo e l’ho paragonato ad una macchina difettosa.”. Quando un bambino muore in ospedale, tutte le evidenze della sua esistenza vengono rimosse con una rapidità incredibile, niente è lasciato per confermare la realtà della sua morte. Resta una grande sensazione di vuoto.

Con la morte abbiamo più aspetti della perdita.

1. La PERDITA FISICA.

2. La PERDITA SIMBOLICA il significato della perdita di quel bambino, della potenzialità di aver

una vita con quel bambino

3. La PERDITA SECONDARIA la distruzione delle certezza…. Ho sempre fatto tutto bene, andava

tutto bene,…

La sofferenza è un processo. La sofferenza è il processo che abbiamo per rendere la perdita un’esperienza reale e per elaborarla. Ci sono degli indicatori che possono essere utili per capire come sostenere ed accompagnare i genitori che vivono queste esperienza. Sono state identificate alcune fasi che rappresentano vari stati emotivi: SHOCK, stordimento, torpore, negazione dell’accaduto, rifiuto, negazione, congelamento emotivo, nel tentativo di bloccare l’inevitabile (è un sogno… quando riapro gli occhi sarà diverso..) Si reagisce solo meccanicamente.

REALIZZAZIONE del fatto. Paura anche delle sensazioni fisiche (fa male e non serve a niente!) disorientamento, confusione, senso di colpa (la colpa del proprio corpo, della propria gravidanza,) se solo non avessi (ho dato un bacio a mio marito che aveva il raffreddore…..forse…!” “Se non avessi dimenticato l’appuntamento, se non avessi mangiato.., se non avessi camminato così tanto…). Con dolore fisico intenso. Pesantezza al torace, mal di cuore, difficoltà a respirare, palpitazioni, arti indolenziti. Bisogno di raccogliere più ricordi possibili per rendere la morte una realtà. PROTESTA, rabbia, risentimento, rancore, (perché proprio a me!), sensazione di subire un’ingiustizia, contrattazione (accordi, voti col soprannaturale… se il bimbo sopravvivrà io farò…) La rabbia può intensificarsi per la percezione di perdita di controllo della situazione, per l’assenza di una possibilità di scelta o per non aver capito cosa stesse succedendo. Può indirizzarsi verso una persona o un operatore. Tendono a fare domande, domande per capire, per trovare la colpa. Possono avere problemi di insonnia, mancanza di appetito, incubi, flash back.

DISORGANIZZAZIONE. Depressione, solitudine, isolamento, apatia, perdita di interessi, sintomi fisici reali o irreali, odio verso le altri madri, difficoltà di coppia (per modalità diverse di esprimere la sofferenza)

RI-ORGANIZZAZIONE. Disgelo emozionale, parziale accettazione, ricerca di nuove modalità di comportamento, ricettività verso gli altri, ricerca di significato della morte e della vita, nuovi interessi e abilità, sofferenza ma senza angoscia. Lento ritorno alla quotidianità.

ELABORAZIONE dell’esperienza, collocazione dell’esperienza nella propria biografia, accettazione, adattamento alla vita senza la presenza di quel bambino, nuove relazioni e attività, nuova forza interiore.

I genitori hanno essenzialmente tre importanti aspetti su cui agire:

1. realizzare la perdita e cominciare ad esprimerla

2. permettersi di esprimere le normali reazioni del lutto e lasciare che continuino

3. soddisfare i propri bisogni e quelli degli altri eventuali figli.

Quindi più la perdita è reale, più memorie si hanno, più tempo e possibilità di parlarne c’è, meno complicata è l’elaborazione. Tuttavia ogni intento esterno, verbale e pratico, è per dimenticare la perdita e proseguire con la vita. “è giovane ne avrà altri” “forse è meglio così, la natura a volte è saggia”, “forse è una benedizione: non era certo il momento migliore per avere un figlio..”. Per quella madre, per i genitori quel bimbo NON è rimpiazzabile e a volte sono anche preoccupati di dimenticarsi del bambino ed i genitori fanno anche un grosso sforzo per aiutare gli altri a ricordarlo. A volte hanno anche il timore che elaborare l’esperienza voglia dire dimenticare il bambino. La sofferenza li lega al bambino, al suo ricordo, alla realtà della sua morte. I genitori hanno bisogno di sapere che anche quando la sofferenza diminuisce, non si dimenticheranno mai di quel bambino. Molte donne hanno difficoltà, si sentono a disagio ed in colpa quando qualcuno chiede se hanno figli: “non ho figli, oppure ne ho due,…. Ma in realtà ne ho avuto un altro che non c’è più….. quel bimbo c’è stato, è esistito, ha un nome…” Partorire senza analgesici ed occuparsi del corpo dopo nel puerperio (genitali, produzione di latte..) sono tutti aspetti che rendono reale la perdita di quel bambino. La prova, la traccia che quel bimbo c’era. Avere memorie tangibili: vederlo, toccarlo, avere una sua foto o un rullino da sviluppare quando il tempo sarà opportuno, un’impronta, un ciocca di capelli, il certificato, tempo, rituali…. Tutto questo aiuta ad esprimere la sofferenza. Molti genitori hanno descritto che la sofferenza è fortissima nei primi due mesi, dopodichè sembra meno terribile e attorno ai 6 mesi dalla perdita ci sono ancora momenti molti tristi, ma va molto meglio. Alcuni genitori hanno espresso che solo dopo i 9 mesi o un anno hanno sentito di poter anche sorridere.

 

Tratto da: http://www.mipaonline.com/rubriche/dopo/La%20PERDITA%20di%20un%20bambino.pdf

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